martedì 20 settembre 2011

La verità dei poeti
















(S. Giovanni ad Astolfo sulla luna)

Son, come i cigni, anco i poeti rari,
poeti che non sian del nome indegni;
sì perché il ciel degli uomini preclari
non pate mai che troppa copia regni,
sì per gran colpa dei signori avari
che lascian mendicare i sacri ingegni;
che le virtù premendo, ed esaltando
i vizi, caccian le buone arti in bando.

Credi che Dio questi ignoranti ha privi
de lo ’ntelletto, e loro offusca i lumi;
che de la poesia gli ha fatto schivi,
acciò che morte il tutto ne consumi.
Oltre che del sepolcro uscirian vivi,
ancor ch’avesser tutti i rei costumi,
pur che sapesson farsi amica Cirra,
più grato odore avrian che nardo o mirra.

Non sì pietoso Enea, né forte Achille
fu, come è fama, né sì fiero Ettorre;
e ne son stati e mille a mille e mille
che lor si puon con verità anteporre:
ma i donati palazzi e le gran ville
dai descendenti lor, gli ha fatto porre
in questi senza fin sublimi onori
da l’onorate man degli scrittori.

Non fu sì santo né benigno Augusto
come la tuba di Virgilio suona.
L’aver avuto in poesia buon gusto
la proscrizion iniqua gli perdona.
Nessun sapria se Neron fosse ingiusto,
né sua fama saria forse men buona,
avesse avuto e terra e ciel nimici,
se gli scrittor sapea tenersi amici.

Omero Agamennòn vittorioso,
e fe’ i Troian parer vili ed inerti;
e che Penelopea fida al suo sposo
dai Prochi mille oltraggi avea sofferti.
E se tu vuoi che ’l ver non ti sia ascoso,
tutta al contrario l’istoria converti:
che i Greci rotti, e che Troia vittrice,
e che Penelopea fu meretrice.

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